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Casino dell'Aurora Pallavicini versione italiana versione inglese

'L'Aurora' di Guido Reni, 1613-1614

 
 

 

 

interni ed esterni 
ubicazione 


dati congressuali 
ed eventi ospitabili 
allestimenti 










elle famiglie Pallavicini italiane la più celebre fu quella che fiorì nel territorio situato fra le città di Parma, Piacenza e Cremona e che fu sovrana, per molto tempo, di un vasto Stato che ebbe come capitale e centro principale la città di Busseto.
I Pallavicini emiliani dettero i natali a famosi generali, condottieri, statisti e uomini di legge. A Busseto, la rinascimentale Villa Pallavicini è sede del Museo Verdiano. Un ramo di questa famiglia fiorì anche a Torino.
Un'altra famiglia Pallavicini italiana s'insediò a Genova ma, a differenza di quella emiliana, questa dette i natali, anziché a generali, condottieri e statisti, prevalentemente a prelati e accorti diplomatici. Essa passò a Genova fin dal secolo XIIº con Nicolò di Alberto "Il Greco" e divenne ben presto una delle famiglie più in vista della società ligure.

È dalla famiglia genovese che si staccò il ramo trapiantatosi a Roma e che ci interessa direttamente.

Nicolò Pallavicini nel 1607 conobbe Rubens, il grande pittore fiammingo, allorché il duca di Mantova fu ospite dei Pallavicini nel suo palazzo genovese. L'artista fiammingo compose numerosi capolavori fra cui la serie delle tredici tavole ("Cristo e i dodici Apostoli") che arredano tutt'oggi la pinacoteca Pallavicini. Nicolò conobbe anche Antonio Van Dyck (Anversa, 1599 - Londra, 1641) che, durante il suo soggiorno genovese, dipinse un "Ritratto di gentiluomo" (anch'esso nella Galleria) che, per tradizione, rappresenta un Pallavicini, forse lo stesso Nicolò. Il marchese sposò Maria Lomellini e il suo matrimonio fu fecondo di ben ventidue figli, fra i quali: Lazzaro e Stefano. Morì nel 1653.

IL CARDINALE LAZZARO PALLAVICINI, IL SUO FIDECOMMESSO E LA FUSIONE DELLE DUE FAMIGLIE
Lazzaro Pallavicini nacque a Genova nel 1602. Venne ben presto a Roma conducendo con sé il fratello Stefano. Clemente IX, il 29 novembre 1669, cioè nel suo ultimo concistoro lo innalzò alla dignità cardinalizia.
 
 Il cardinale Lazzaro Pallavicini aveva una grande passione per le opere d'arte 
Il cardinale Lazzaro Pallavicini aveva sempre avuto una grande passione per le opere d'arte e specialmente per i quadri, dei quali possedeva una cospicua collezione ereditata dal padre Nicolò.
Venuto a Roma con il fratello Stefano e la nipote Maria Camilla, dovette risolvere un duplice problema: quello di una decorosa residenza per sé, per il fratello e per la nipote, e quello di un'idonea sede e sistemazione della raccolta dei quadri, raccolta che continuamente andava crescendo e che sarà poi parte integrante del fidecommesso creato dal cardinale. Stefano acquistò nel 1674 per 50.000 scudi il Palazzo Vecchio dei Barberini al Monte di Pietà e ai Giubbonari, detto anche Casa Grande dei Barberini, un grandioso edificio giunto a noi molto alterato e oggi sede dell'Istituto Magistrale «Vittoria Colonna».
Il palazzo fu venduto a Stefano Pallavicini, padre di Maria Camilla, dagli eredi del cardinale Antonio Barberini, ma fu alienato con patto «redimendi» entro il termine di un ventennio. Stefano ne fece erede il fratello cardinale Lazzaro, che si trasferì immediatamente nell'edificio insediandovi la sua corte e l'amata collezione di quadri, e dispose che, alla sua morte, tutto l'insieme toccasse alla secondogenitura di Giovan Battista Rospigliosi marito di Maria Camilla, ossia al nuovo ramo dei Pallavicini. Però gli eredi del cardinale rimasero in possesso del palazzo solo fino al 1694, perchè il cardinale Antonio Barberini lo rilevò dalle mani di Nicolò Pallavicini, secondogenito di Giovan Battista Rospigliosi e di Maria Camilla, figlia di Stefano.
 
 1708. Maria Camilla Pallavicini si insediò nel Palazzo del Giardino a Monte Cavallo 
Ma il problema della residenza poteva considerarsi brillantemente risolto per entrambe le famiglie: i Pallavicini, infatti si insediarono nel Palazzo del Giardino a Monte Cavallo che Maria Camilla acquistò nel 1708 dal marchese Giacomo Ippolito Mancini; mentre i Barberini si erano insediati nella loro superba reggia delle Quattro Fontane di recente costruzione.

Desiderio costante del cardinale Lazzaro era quello di realizzare il matrimonio della nipote, Maria Camilla, con il pronipote di Clemente IX, Giovan Battista Rospigliosi, e creare per i loro eredi discendenti della secondogenitura (ovviamente il primogenito avrebbe dovuto continuare la discendenza dei Rospigliosi) una ricca dinastia principesca che assicurasse il proseguimento della gente Pallavicina trapiantatasi a Roma con lui e con il fratello Stefano.
Dopo la morte di Clemente IX, furono celebrate le auguste nozze. I due cospicui feudi che le due famiglie avevano acquistato dai Ludovisi (il Ducato di Zagarolo, da parte dei Rospigliosi, e il Principato di Gallicano insieme con il Marchesato di Colonna, da parte dei Pallavicini), si riunivano nelle persone dei due coniugi in attesa di una successiva separazione prevista dal prossimo arrivo dei loro eredi. Tutto in virtù del fidecommesso (o meglio del diritto di secondogenitura) costituito dal cardinale Lazzaro Pallavicini. Egli cioè, stabilì che, qualora i coniugi avessero avuto un solo figlio maschio, questi avrebbe ereditato, insieme con quello dei Rospigliosi, anche il cognome dei Pallavicini con il relativo stemma, titolo principesco e le annesse dotazioni, nonché la proprietà della collezione dei quadri. In tal caso, i beni fidecommissari legati al nome dei Pallavicini avrebbero dovuto essere trasmessi inalterati e nella loro assoluta integrità fino alla nascita di un secondogenito di sesso maschile il quale avrebbe dato inizio al nuovo ramo dei Pallavicini di Roma.
Nel caso, invece, che i coniugi avessero avuto una sola erede femmina, questa avrebbe dovuto legare il cognome e i beni dei Pallavicini al futuro marito e ai suoi discendenti primogeniti.
Il cardinale Lazzaro, assicuratasi, così, la discendenza, ormai cagionevole di salute, ma carico di anni (78) e di benemerenze, chiudeva serenamente la sua vita terrena in Roma, nel 1680. Suo fratello Stefano lo doveva seguire nella tomba pochi anni dopo. La nipote Maria Camilla Rospigliosi, che negli ultimi anni della sua vita si dedicò più intensamente ad opere di beneficenza, stabilì per testamento che il rispettivo padre e zio fossero tumulati nella cappella gentilizia di San Francesco a Ripa in un unico sontuoso monumento funerario da erigersi a proprie spese. Maria Camilla spirò il 6 settembre 1710, e il duca di Zagarolo, Giovan Battista Rospigliosi, rispettoso della volontà della pia consorte, incaricò l'architetto Nicolò Michetti e lo scultore Giuseppe Mazzuoli di costruire sulla parete sinistra della cappella un monumento abbinato per il suocero Stefano Pallavicini e per il di lui fratello cardinale Lazzaro e di costruire sulla parete destra, un altro monumento analogo per la moglie Maria Camilla e per se stesso. Giovan Battista morì, ultimo dei quattro, il 13 luglio 1722.
Dalle nozze di Giovan Battista Rospigliosi, primo duca di Zagaralo e nipote di Clemente IX, con Maria Camilla Pallavicini, figlia di Stefano e nipote del cardinale Lazzaro, nacquero due figli maschi dei quali il primogenito ereditò il cognome, i titoli e le proprietà della Casata paterna, mentre il secondogenito, in attuazione del fidecommesso creato nel 1670 dal cardinale Lazzaro, assunse il cognome dei Pallavicini e fu investito dei relativi titoli e beni. Sembrava, quindi, che le due Casate fossero destinate, fin da questa generazione, a svilupparsi ciascuna per proprio conto e in modo del tutto autonomo.
Invece, le cose per almeno due secoli e per almeno altre quattro generazioni successive non andarono affatto come si è detto. Così stando le cose, come era previsto dal fidecommesso, i titoli e i beni creati dal cardinale Lazzaro ritornarono, di volta in volta, sia pure in temporanea custodia, nelle mani del legittimo erede Rospigliosi, fino a quando, nel secolo XIXº, con il secondogenito di Giulio Cesare Rospigliosi Pallavicini si realizzarono le condizioni necessarie per la definitiva separazione delle due Casate.
Con Girolamo, nato il 27 agosto 1907, la famiglia Rospigliosi subì un'irreparabile crisi finanziaria, ossia un vero tracollo economico che portò la famiglia a disfarsi, un po' alla volta, di tutte le proprietà terriere ed edilizie. Prima dovettero alienare le tenute e i palazzi di Zagarolo e di Maccarese, quindi la metà di loro pertinenza del Palazzo di Monte Cavallo, cioè il lato destro del palazzo che era stato assegnato ai loro antenatì fin dal 1704 e che i Rospigliosi abitarono per oltre tre secoli, mentre ai loro parenti Pallavicini era stata assegnata la metà sinistra del palazzo (che abitarono e abitano tuttora). Ma il sacrificio delle terre e delle case non fu sufficiente ad arginare il crollo; i Rospigliosi furono costretti ad alienare anche la quota parte della pinacoteca di loro pertinenza. I celebri quadri furono venduti prima a piccoli gruppi, poi in due grandi vendite all'asta: una nell'aprile 1931, l'altra nel dicembre 1932. Don Francesco Pallavicini, figlio di Giulio Cesare Rospigliosi e fratello di Clemente Rospigliosi Gioeni, con il quale i Pallavicini si separarono definitivamente dai duchi di Zagarolo, nacque a Roma il 2 marzo 1828. Nel 1854 sposò la ventenne Maria Carolina Boncompagni Ludovisi, figlia del principe di Piombino. Pio IX, su delibera della Commissione Araldica Capitolina, riconobbe a lui e ai suoi discendenti il diritto di assumere il cognome, i titoli e i beni derivanti alla sua famiglia dal fidecommesso del cardinale Lazzaro e Vittorio Emanuele IIº lo nominò senatore del regno d'Italia. Morì a Roma, all'età di 59 anni, ìl 14 gennaio 1887.
Ebbe sei figli, fra cui Margherita, nata nel 1868 che sposò il marchese Mario Misciatelli. Dalle sue nozze nacque Maria Carolina Misciatelli che andrà sposa al nobile francese conte Pierre de Bernis de Courtavel il cui figlio, Guglielmo, sarà rogato Pallavicini ed erediterà tutti i titoli della famiglia. Il fratello di Margherita, Giulio, infatti era nato a Roma nel 1871. Quando, nel 1921, suo fratello Uberto morì senza eredi, fu investito di tutti titoli, i beni e i diritti della Casata. Nel 1929, essendo anch'egli senza eredi maschi, adottò il conte Guglielmo de Pierre de Bernis de Courtavel, figlio di sua nipote Maria Carolina Misciatelli, il quale fu rogato Pallavicini assumendone cognome, titoli, proprietà e diritti.
Il nuovo principe di Gallicano, don Guglielmo, sposò donna Elvina dei Medici del Vascello di Genova, discendente dal celebre eroe della Repubblica Romana del 1849. Per singolare coincidenza, dopo tre secoli da quando Maria Camilla Pallavicini era venuta a Roma da Genova, le sorti della famiglia ritornavano ancora una volta nelle mani di una nobildonna genovese. Donna Elvina portò in dote da Genova anche un prezioso gruppo di opere d'arte fra cui alcune tavole di scuola piemontese (Defendente Ferrari, Gandolfino d'Asti, ecc.) che vennero ad arricchire la già cospicua collezione portata a Roma dagli avi genovesi, il cardinale Lazzaro e Stefano Pallavicini.
Vittorio Emanuele IIIº intanto, con decreto del 1937, autorizzava Guglielmo ed Elvina Pallavicini non solo a portare legittimamente il cognome della nobile Casata, ma anche a rivendicare giuridicamente il diritto ai titoli ad esso collegati. Dal loro matrimonio nacque una sola figlia, alla quale fu posto il nome augurale di Maria Camilla, quello stesso della nipote del cardinale Lazzaro.
Guglielmo cadde combattendo eroicamente nell'ultima guerra.
Maria Camilla sposerà, nel 1968, Armando Diaz della Vittoria, nipote del Generale Diaz e, dal suo matrimonio, nasceranno due figli, Sigieri e Moroello.








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 le Statue

 gli Affreschi

 la Quadreria





   
   
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